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Analizzatore di chimica clinica secca
SPOTCHEM D-Concept
Lo sviluppo di SPOTCHEM D-Concept prese forma dall'idea di creare una piattaforma comune per vari dispositivi di analisi mediche. I membri del team di sviluppo intrattennero molte discussioni sull'idea di standardizzare totalmente le parti progettate per ciascun modello, come la parte operativa, la stampante, le comunicazioni, che, per ciascuno dei modelli precedenti, erano state disegnate in modo indipendente. Infine si arrivò a un concetto di sviluppo concreto: unità di misurazione come componenti con i quali realizzare un sistema simile a un impianto Hi-Fi (chiamato "dekki" in Giappone), con la possibilità per il cliente di scegliere la combinazione di unità desiderata.
È con questo concetto che lo sviluppo del sistema Dekki entrò nel pieno dello svolgimento. Ecco come nacque il sistema POCT personalizzabile, completamente nuovo per i clienti.
Per elaborare un concetto di prodotto completamente nuovo, il team di progettazione pensò alle parole chiave: progettazione, componenti e rete.
Progettazione
Creare un progetto innovativo che mettesse da parte l'immagine dei precedenti dispositivi di analisi mediche e suggerisse l'idea di un'apparecchiatura di fascia alta.
Componenti
Pensare a una componentizzazione che consentisse agli utenti di scegliere e collegare varie unità di misurazione in base alle proprie esigenze, con la possibilità di impilarle l'una sull'altra, in modo che l'aggiunta di un'unità non richiedesse ulteriore spazio di installazione. Si pensò che l'ingombro contenuto del dispositivo sarebbe stato un grande incentivo per i clienti con problemi di spazio.
Rete
Migliorare il sistema di monitoraggio a distanza, già testato nei modelli precedenti, e renderlo disponibile nel nuovo dispositivo per fornire un servizio di maggior valore grazie all'utilizzo della nostra rete.
Con queste parole chiave da cui partire, ottenemmo un'immagine più concreta del prodotto, sulla base della quale fu poi possibile procedere allo sviluppo di un sistema unico, mai visto prima.
Lo sviluppo di un sistema completamente nuovo si rivelò una battaglia contro problemi che non si erano mai verificati nello sviluppo di sistemi simili ma migliori rispetto ai modelli attualmente disponibili. Ad esempio, per la domanda di autorizzazione all'immissione in commercio era necessario testare singolarmente tutte le combinazioni di unità, il che, con il metodo precedente, avrebbe significato un gran numero di ore di manodopera e un aumento significativo dei costi. Due dei problemi erano il contenimento della manodopera e dei costi, nonché la necessità non solo di esperienza, ma anche di competenze applicate. Inoltre, poiché la progettazione del dispositivo era completamente diversa da quella di qualsiasi prodotto ARKRAY precedente, il know-how accumulato non era di aiuto per alcuni aspetti come la finitura superficiale del tastierino e il rivestimento esterno, la situazione era quindi molto complessa.
Gli ingegneri meccanici dovettero procedere nel lavoro con molti tentativi ed errori e anche gli ingegneri informatici si trovarono ad affrontare molti problemi. Com'è possibile raggiungere gli obiettivi di espandibilità e versatilità senza rinunciare alla di facilità d'uso? Per lo sviluppo e il collegamento futuro delle nuove unità di misurazione emersero inoltre difficoltà nel mantenere la versatilità nella progettazione di alcuni elementi, ad esempio le dimensioni della memoria e le prestazioni della CPU. Cominciammo a incontrare un numero crescente di problemi che non si erano mai verificati durante lo sviluppo di modelli convenzionali a sé stanti. Per superare un problema dopo l'altro, ci avvalemmo di molte idee e tecniche impiegate in settori meno tangibili, come il software.
La componentizzazione era un concetto così semplice da far pensare che chiunque avrebbe potuto idearlo, ma finora non lo aveva fatto nessuno. Senza la versatilità delle idee e la passione del personale dedicato allo sviluppo, non sarebbe mai potuto diventare realtà.
Alla fine completammo un prototipo di dispositivo e finalizzammo la progettazione e le specifiche del prodotto. A questo punto, in occasione di una riunione aziendale interna, venne proposta un'osservazione pertinente: "L'altezza delle singole unità è eccessiva. Pensando di impilarle l'una sull'altra, questo riduce l'attrattiva commerciale del dispositivo, sia a livello di progettazione che di operabilità ". Gli ingegneri meccanici si misero subito a studiare come ridurre l'altezza. Scoprimmo che avremmo dovuto apportare più modifiche e ripetere più valutazioni di quanto ci aspettassimo e ci rendemmo inoltre conto che dovevamo rivedere completamente la tabella di marcia. Insorsero anche molti problemi nel mantenere il D-Concept. Nell'unità di analisi immunologica D-01, il liquido residuo aderiva all'estremità del puntale e si contaminava , riducendo così la precisione delle misurazioni al di sotto del livello richiesto. Dopo diversi tentativi ed errori per risolvere il problema, uno degli sviluppatori ebbe un'idea risolutiva progettando un dispositivo che spingeva l'estremità del puntale a contatto con una scanalatura, già esistente sulla confezione di reagenti, per prelevare il liquido residuo e brevettando questa invenzione. Per inserire l'unità di analisi biochimica D-02 nel sistema impilato, riscontrammo un problema nel raggiungere la parte inferiore (come con i modelli tradizionali) dell'unità ottica per eseguirne la pulizia nell'ambito della manutenzione. Pensammo e ripensammo al problema e si fece avanti l'idea innovativa di usare delle salviette di carta.
La confezione di reagenti presenta una scanalatura su un'estremità.
Il liquido residuo sull'estremità del puntale viene aspirato nella scanalatura.
Le salviette di carta utilizzate per la
automatic cleaning increases
pulizia automatica facilitano la manutenzione.
Le salviette di carta venivano utilizzate come tamponi assorbenti, ovvero come i tamponi del reagente sulla striscia reattiva multipla.
Inserendo nel dispositivo un recipiente contenente acqua distillata e premendo il tasto di avvio, veniva erogata acqua distillata sulla salvietta di carta. Quindi il tampone costituito dalla salvietta di carta inumidita veniva spostato avanti e indietro sulla finestra ottica per pulirla automaticamente.
Provammo anche idee ardite con l'atteggiamento positivo di "non escluderle fino ad averle verificate, nell'ottica di fare un tentativo" e risolvemmo i problemi in questo modo. Il D-Concept poté riemergere ancora più forte in virtù degli ostacoli incontrati.
Quando il D-Concept era quasi completato, restavano ancora grandi problemi da affrontare nella transizione alla fase di produzione. La qualità delle singole parti era incostante, il montaggio dell'unità era difficoltoso e i criteri di ispezione non erano ancora stati definiti. C'erano aspetti che pensavamo di aver affrontato in modo adeguato, ma l'effetto di più cambiamenti immediati apportati insieme causò problemi di comunicazione tra il team di sviluppo e quello di produzione. Di fronte a un sistema completamente nuovo, i responsabili di produzione riuscivano a malapena a nascondere la loro perplessità e incertezza.
Alla fine la dedizione del personale ebbe il sopravvento e, in ultima analisi, il team di sviluppo e quello di produzione collaborarono al conseguimento dell'obiettivo comune.
Durante il processo di sviluppo del D-Concept, le varie persone che hanno lavorato alle varie attività sono cresciute insieme con lo scopo comune di realizzare il D-Concept. Lo sviluppo di un sistema nuovo permise l'uso connesso di diversi dispositivi di analisi, creando una rete di collegamenti umani. Questo è stato senz'altro un altro aspetto significativo di quanto si sia ottenuto con il D-Concept.
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